La poesia è ovunque… Michail Mitras

Michalis Mitras, 1995

Poco conosciuta resta tuttavia la storia d’origine, l’ispirazione iniziale che portò all’atto fondativo di un giorno appositamente stabilito per festeggiare la poesia. Fu proprio nel 1997 quando il poeta greco, di recente scomparso, Michaìl Mìtras (1944-2019) in una lettera indirizzata alla Società degli Scrittori suggerì l’adozione di una celebrazione della poesia in Grecia e l’istituzione di una data precisa a questo proposito. Giunta nelle mani dell’allora presidente della Società degli Scrittori, poeta e studioso di poesia, Kòstas Sterghiòpoulos, la proposta venne portata nel Consiglio di Gestione ove fu accettata unanimemente. Rimaneva solo di deliberare sulla data adeguata. A questo riguardo la poetessa Lidia Stefanou, componente del Consiglio, segnalò, per il suo valore simbolico, il 21 marzo, giorno dell’equinozio di primavera, “che unisce in sé luce e tenebre, come la poesia unisce il suo volto lucido di ottimismo a quello cupo del lutto”. La prima giornata della Poesia quindi si celebrò nel 1998 in piazza Kotzià presso la Posta vecchia, e fu di grande successo.

Poets collage

Michaìl Mìtras, Lidia Stefanou e Vassilis Vassilikos

L’anno seguente lo scrittore Vassilis Vassilikos, all’epoca ambasciatore della Grecia all’Unesco, propose al Consiglio Esecutivo dell’Οrganizzazione di proclamare il 21 marzo come “Giornata della Poesia Mondiale”. La proposta greca fu approvata con il sostegno di molti paesi e a partire dal 2000 il giorno viene celebrato in tutto il mondo. Un giorno tra l’altro, come si legge nelle motivazioni della suddetta risoluzione, “per promuovere l’immagine della poesia nei media in modo tale che l’arte della poesia non venga più considerata come una forma d’arte obsoleta, ma uno strumento per la società di riconquista e affermazione della propria identità” e “per  dare  nuova  linfa  al significato dell’aforisma di Delacroix che nel suo diario scrisse: ‘Non c’è arte senza poesia’”.

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Per felice coincidenza, nell’ambito letterario italiano, la data corrisponde anche alla ricorrenza della nascita della “poetessa dei Navigli”, Alda Merini (1931-2009). In vista di tale coincidenza la sua poesia autobiografica “Sono nata il ventuno a primavera” sembra di assumere un nuovo aspetto, di prestarsi ad una lettura rinnovata, nella quale il lettore si sente come se fosse di fronte ad una confessione della Poesia stessa.

Come scrisse il grande poeta greco Giorgos Seferis nella sua poesia “Efeso”, mettendo in bocca al suo immaginario interlocutore, il filosolofo “oscuro” Eraclito, le seguenti parole: “La poesia è ovunque”.

Memoria II, Efeso

Parlava seduto su un marmo
simile a rovina d’antico portale:
sterminato e vuoto a destra il campo
a sinistra scendevano le ombre dal monte:
“La poesia è ovunque. La tua voce
a volte incede al suo fianco
come il delfino che per poco ti accompagna
vascello d’oro nel sole
e poi scompare. La poesia è ovunque
come le ali del vento nel vento
che per un attimo hanno sfiorato le ali del gabbiano.
Uguale e diversa dalla nostra vita, come cambia
il volto di una donna che si è spogliata,
e tuttavia rimane uguale. Lo sa
chi ha amato: alla luce degli altri
il mondo implode; ma tu ricorda
Ade e Dioniso sono la stessa cosa”.
Disse, e imboccò la grande strada
che mena al porto di un tempo, ora inghiottito
laggiú  fra i giunchi. Il crepuscolo pareva
per la morte di un animale,
cosí nudo.
                   Ricordo ancora:
viaggiava sulle coste della Ionia, in vuote conchiglie di teatri
dove solo la lucertola striscia sull’arida pietra,
e io gli chiesi: “Un giorno torneranno a riempirsi?”
E mi rispose: “Forse, nell’ora della morte”.
E corse nell’orchestra urlando:
“Lasciatemi ascoltare mio fratello!”.
Ed era duro il silenzio attorno a noi
e non rigato nel vetro dell’azzurro.

(da “Giornale di bordo III”, 1955)

Traduzione di Filippomaria Pontani

 

Μνήμη, B’ Έφεσος

Μιλούσε καθισμένος σ’ ένα μάρμαρο
που έμοιαζε απομεινάρι αρχαίου πυλώνα∙
απέραντος δεξιά κι άδειος ο κάμπος
ζερβά κατέβαιναν απ’ το βουνό τ’ απόσκια:
«Είναι παντού το ποίημα. Η φωνή σου
καμιά φορά προβαίνει στο πλευρό του
σαν το δελφίνι που για λίγο συντροφεύει
μαλαματένιο τρεχαντήρι μες στον ήλιο
και πάλι χάνεται. Είναι παντού το ποίημα
σαν τα φτερά του αγέρα μες στον αγέρα
που άγγιξαν τα φτερά του γλάρου μια στιγμή.
Ίδιο και διάφορο από τη ζωή μας, πώς αλλάζει
το πρόσωπο κι ωστόσο μένει το ίδιο
γυναίκας που γυμνώθηκε. Το ξέρει
όποιος αγάπησε∙ στο φως των άλλων
ο κόσμος φθείρεται∙ μα εσύ θυμήσου
Άδης και Διόνυσος είναι το ίδιο».
Είπε, και πήρε μεγάλο δρόμο
που πάει στ’ αλλοτινό λιμάνι, χωνεμένο τώρα
πέρα στα βούρλα. Το λυκόφως
θα ‘λεγες για το θάνατο ενός ζώου,
τόσο γυμνό.
                   Θυμάμαι ακόμη∙
ταξίδευε σ’ άκρες ιωνικές, σ’ άδεια κοχύλια θεάτρων
όπου μονάχα η σαύρα σέρνεται στη στεγνή πέτρα,
κι εγώ τον ρώτησα: «Κάποτε θα ξαναγεμίσουν;»
Και μ’ αποκρίθηκε: «Μπορεί, την ώρα του θανάτου».
Κι έτρεξε στην ορχήστρα ουρλιάζοντας:
«Αφήστε με ν’ ακούσω τον αδερφό μου!»
Κι ήταν σκληρή η σιγή τριγύρω μας
κι αχάραχτη στο γυαλί του γαλάζιου.

(από τη συλλογή «Ημερολόγιο Καταστρώματος, Γ΄», 1955)

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