La danza cortese

La danza cortese
Chiara Gelmetti

  • 1) La danza nel Rinascimento: arte ed educazione del corpo e dello spirito

La danza nel periodo rinascimentale italiano non è solo un passatempo elevato per le corti, disciplina che mentre forma il corpo ne eleva lo spirito, ma anche elemento di prestigio, elemento sociale utilizzato dalle nobili corti della penisola  nelle grandi occasioni, nobiltà che attraverso la danza e i suntuosi abiti e gioielli esibiva anche il proprio potere, e appunto elemento educativo importante, parte di quell’educazione cortese che formava la gioventù nobiliare, giovani versati non solo nell’arte delle armi e del cavallo, ma in tutte le arti liberali del Trivio (grammatica, retorica e dialettica) e del Quadrivio (algebra, musica, geometria e astronomia/astrologia), dove se già la musica ne faceva parte, la danza – e proprio con Guglielmo Ebreo da Pesaro (il più noto maestro di danza del Rinascimento italiano)  – comincia a prenderne parte.

Naturalmente le donne, madri, mogli, figlie del Principe, del Duca, del Signore che si occupava del governo e della difesa del territorio, hanno dato grande impulso e spazio a tutto ciò che intellettualmente e artisticamente arricchiva ogni corte italiana del Rinascimento, creando spazi meravigliosi di grande creatività e apertura, di cui la danza era una delle manifestazioni. Manifestazione alla quale le grandi corti europee guardavano con apprezzamento e attenzione e la danza italiana, così come la musica e la commedia dell’arte, diventano poli imitativi importanti e gli artisti italiani sono non solo contesi tra le corti della penisola, ma chiamati a lavorare nelle diverse corti europee.

  • 2) La nascita della figura del Maestro di danza

Solo nel XV secolo si comincia a scrivere di danza, benchè qualche indicazione coreografica si possa trovare nelle danze a carattere religioso e/o nobil-popolare (come nel Llibre Vermeill de Monteserrat o nelle Vidas dei trovatori).

Il primo trattato italiano di danza manoscritto Seu Arte saltandi et Chorea ducendi è quello del Maestro Domenico da Piacenza, a sua volta maestro del già citato Guglielmo Ebreo da Pesaro che ci lascerà diverse coreografie e qualche esempio musicale nel suo trattato De pratica seu Arte tripudii vulgarem opusculum, che circolerà in diverse versioni manoscritte. (nella pensola iberica, nella corte aragonese, abbiamo invece il famoso manoscritto de Cervera che però non presenta musica).

Ogni corte nel XV aveva un suo maestro di danza che formava i giovani della corte, ma organizzava anche i balli per gli eventi più importanti, come fidanzamenti, matrimoni, alleanze, visite, ecc. Precedentemente il ballo non aveva la statura che assume nel Rinascimento: porgere bene, muoversi bene, essere misurati e armonici, il rinnovato platonismo del “bello e bene” è un valore al quale ambiscono le corti umanistiche italiane del Quattrocento.  Nel Quadrivio la musica esprime il rapporto tra numeri e l’astronomia il rapporto tra le grandezze, la danza, novella tra le arti liberali, è un mezzo per rendere visibili e ricreare quei movimenti celesti, rendendoli terreni. Chi guida, conosce questi movimenti è dunque “Maestro”. Un maestro di danza come Guglielmo, che ha frequentato assiduamente le più nobili corti italiane e avuto accesso al pensiero umanistico che le permeava, era prima di tutto un umanista oltreché ballerino.

Molti sono i maestri di danza ebrei in quel periodo. Lo stesso fratello di Guglielmo, Giuseppe era alla corte di Lorenzo de Medici. Il padre, Mosè di Sicilia anch’egli ballerino, insieme a tanti ebrei che lasciarono la Spagna prima, il Portogallo poi e infine il Regno di Sicilia, trovò nelle corti italiane del Quattrocento accoglienza e protezione.

Inoltre nell’ebraismo il corpo non ha accezione negativa, ma è parte della preghiera e l’unione/fusione anima corpo è fondamentale. Vi è una consuetudine alla danza in speciali momenti religiosi (anche il rabbino balla durante i matrimoni o durante la festa di Purim) e dal re David alla profetessa Myriam, la danza permette una comunicazione speciale con il divino.

3)   Danze e Coreografie nel XV e XVI secolo
Nei trattati manoscritti del Quattrocento, come anche quelli del secolo successivo, si comincia, dopo l’encomio diretto alla figura di Potere presso cui il maestro di danza era protetto ed ingaggiato, a descrivere le regole principali che compongono l’Arte del danzare. A mo’ di esempio riporto qui quelle del De pratica Arte tripudii di Guglielmo Ebreo da Pesaro, essendo questi il più noto e citato maestro di ballo del Quattrocento.

  • misura
  • memoria
  • partire del terreno
  • aiere
  • maniera
  • movimento corporeo.

Vi è poi la descrizione dei passi:

  • Continenza
  • Scempio
  • Doppio
  • Ripresa
  • Riverenza

E di quelli articolati Volta (tonda o del Gioioso), o di quelli che descrivono anche il tactus musicale: Quaternaria, Piva, Saltarello e che vediamo nel diagramma del cortigiano lombardo Antonio Cornazano, tratto da L’Arte del danzare (suo libro dedicato ad Ippolita Maria Sforza, consorte del futuro Re di Napoli, Alfonso II di Aragona), e che mostra con chiarezza tutti e quattro i principali modi del danzare del Quattrocento: bassadanza, quaternaria, saltarello e piva, alternando i ritmi binari ai ternari. La bassa danza è monoritmica e costituisce un modo e una misura, definendo così il rapporto tra musica e movimento, ed è su questo rapporto che si basano le altre misure, gli altri modi del danzare. La bassa danza era la misura più larga (essendo la più lenta), costituendo dunque l’unità di riferimento per gli altri modi che via via diminuivano la misura di 1/6 rispetto al precedente modo. [1]

Diagramma della relazione di misura, dal trattato di Antonio Cornazano. [2]

Diagramma della relazione di misura. [3]

Due sono le principali categorie in cui vengono suddivise queste danze: la bassadanza, lenta, nobile e regina di tutti i modi del danzare, e i balli che presentano al loro interno i diversi passi e modi e includono molto spesso anche la bassadanza che tempera e nobilita gli altri ritmi più veloci.

Vengono poi descritte le coreografie e pochi sono gli esempi musicali e si riferiscono al ballo e non alla bassadanza che poteva essere eseguita anche senza musica, paiono suggerire alcune frasi del trattato… sul tactus del respiro, della terzina, nella sua capacità di temperare la complessione degli Umori. Nel XVI secolo, la danza è anche mezzo politico di intrattenimento e gestione del potere nelle sfarzose sale in cui campeggia nelle varie occasioni sociali. E introduce non solo la figura del maestro di danza, ma del professionista ballerino, della sua scuola e dei ballerini che verranno citati nei trattati del periodo, insieme alla compagine sociale: Dame e Cavalieri, di cui i trattati coreutici rivelano il ritratto. Questi i maestri più noti e le loro opere: Fabrizio Caroso da Sermoneta con Il Ballarino (Venezia, 1581) e Nobiltà di Dame (Venezia, 1600) e Cesare Negri milanese con Le Grazie d’Amore (Milano, 1602) e Nuove Invenzioni di Balli (Milano, 1604).

Le Grazie d’Amore verrà poi tradotto in spagnolo (Arte para aprender a dançar: Compuesto por Cesar Negri Milanes) per la corte spagnola, relativamente pochi anni dopo la sua stesura. Ricordiamo che Cesare Negri era stato maestro di danza della nobiltà lombarda, ma anche dei governatori spagnoli a Milano e del loro seguito.

Nei trattati ormai a stampa, troviamo la notazione musicale di diversi balli nella loro  intavolatura per liuto. Restano, pur cambiando di esecuzione/modo, i passi del Quattrocento: continenza, scempio (semplice), doppio, ripresa e riverenza. Dalla bassadanza si passa alla Pavana, grave nel suo incedere e adattissima al corteo, e si aggiungono molte variazioni e salti soprattutto grazie all’introduzione della Gagliarda e dei suoi cinque passi, a cui Cesare Negri dedica la seconda parte del suo trattato. Se l’Arte della Variazione nel Quattrocento è sì di bravura e di stile, ma sempre misurata nel suo esporsi, nel Cinquecento, pur mantenendone la sprezzatura, il ballerino (specialmente di genere maschile) si esibisce in un vero e proprio pedalogo e presenta le variazioni coi salti più arditi che ne decretano la statura del vero professionista.

[1] «Nella notazione moderna, i tempi delle quattro misure sono assimilabili al 6/4 per la bassa danza, 4/4 per la quaternaria, 6/8 per il saltarello e 4/8 o più raramente 6/8 per la piva.» Cit., José Sasportes, Storia della danza italiana, Torino, EDT, 2011, p. 29.

[2] Antonio Cornazano, Libro dell’arte del danzare, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Cod. Capponiano 203, sec. XV, c. 10r. [riga 414-23].

[3] Vedi nota 1.

ADA Danze Antiche, esempi di Danza cortese del XV secolo

ADA Danze Antiche, esempi di danza cortese del XVI secolo

 

 

Grazia e Potere – Ippolita Maria Sforza

   

Domenica 29 novembre 2020 – ore 18:00

Ritratto storico di Ippolita    Laura Malinverni

Danza   Marco Bendoni, Bruna Gondoni, Enrica Sabatini, Lucio Paolo Testi e la partecipazione di Chiara Gelmetti e ADA Gruppo Danza rinascimentale.

Musica  Emilio Bezzi (liuto)          Flavio Spotti (percussioni)

CLIP        Regia  Sergio Metalli       Video        Ideogramma

ZOOM Meeting link su richiesta ai soci ADA

INFO | chgelme@gmail.com

 

2 ottobre Gli Angeli Custodi con Biber e Davide Monti

Questa Passacaglia è stata registrata da Davide Monti durante la Settimana Santa 2020 mentre era in isolamento a causa del Covid19.
“È stata un’esperienza molto intensa suonare e condividere queste belle ed emozionanti opere di Biber in questo periodo. Questo Passagalia è l’ultimo pezzo della raccolta di 15 Sonate basate sui Misteri del Rosario, ed è dedicato all’Angelo Custode.”

La struttura compositiva segue un piano preciso e affascinante che fa parte di un articolo di prossima pubblicazione scritto da Davide Monti. Che l’arte, visiva e sonora, ci protegga tutti.

La doppia biografia dell’essere umano

LA DOPPIA BIOGRAFIA DELL’ESSERE UMANO
da “La Nuova Psicologia Spirituale”
con Bruna Gondoni e Maria Grazia Maffei

    

Quando chiediamo a qualcuno di raccontarci la sua vita, di cosa parla?
Cosa rende una vita felice o infelice?

Domenica 12 luglio 2020 dalle 21:00 alle 22:30
LEZIONE APERTA AI SOCI ADA – ZOOM MEETING
SU PRENOTAZIONE: CHGELME@GMAIL.COM
CONTRIBUTO DI PARTECIPAZIONE 5:00 EURO

Bruna Gondoni ha una formazione essenzialmente artistica in scultura e danza, dove entrano anche la meditazione e la ricerca personale.
Da diversi anni frequenta la Libera Università Samadeva fondata dal Maestro Idris Lahore (Selim Aïssel), pittore e terapeuta.
Alla Libera Università Samadeva Bruna si forma allo Yoga dei Dervisci, ai Trattamenti energetici attraverso i meridiani, ai Movimenti meditativi, alla Nuova psicologia spirituale, all’Enneagramma, al Lou Yong Tao Tö Qi, al Reiki Tao Tö Qi dove è stata iniziata ai primi tre gradi, al Soul Yoga di Samara, all’accompagnamento ai morenti e da un anno è diventata Istruttrice del metodo Samadeva.

Maria Grazia Maffei è nata a Milano dove ha vissuto e insegnato. Una ventina di anni fa ha iniziato a formarsi e praticare diverse tecniche di benessere e relazione d’aiuto tra cui la Medicina tradizionale cinese, la kinesiologia e le tecniche energetiche.
Più tardi ha frequentato presso la Libera Università Samadeva in Francia, la formazione di Yoga di Samara, di cui è professore, di Coach del benessere e di Costellazioni familiari secondo il metodo Idris Lahore.
É professore di Lou Yong Tao To Qi e di Lahore Nadi Yoga.
Maestro Iniziatore al livello superiore di Reiki Tao To Qi. Conduce corsi, formazioni e conferenze nei diversi rami e pratica le Costellazioni Familiari.

Omaggio a Ennio Morricone

Sono stata a visitare las Reducciones jesuiticas e ho avuto il privilegio di vedere la musica “salvata” dagli indios delle Missioni del Paraguay e di ascoltarne la bellezza. Morricone ha saputo intuire e restituire questa magia che fa di Mission un film straordinario. L’arte, ed Ennio Morricone era un grande artista, attinge sempre alla bellissima fonte misteriosa della verità…

Solstizio d’estate – Midsummer 2020

Per celebrare questo solstizio alcune riflessioni e immagini.

Buon solstizio a tutti!!!

Il solstizio d’inverno rappresentava occasione di festività di vario genere: il Sol Invictus per i pagani; Saturnalia (dal 17 al 23) e Angeronalia nell’antica Roma; il Natale per il cristianesimo; Yule nel neopaganesimo. In Gran Bretagna, a Stonehenge, sopravvivono imponenti ruderi: due cerchi concentrici di monoliti che raggiungono le 50 tonnellate. L’asse del monumento è orientato astronomicamente, con un viale di accesso al cui centro si erge un macigno detto “pietra del calcagno” (Heel Stone, detta anche Fryar’s Heel, cioè “Tallone del frate”). Al solstizio d’estate il Sole si leva al di sopra della Heel Stone. Stonehenge, insomma, sarebbe non solo un tempio, ma anche un calendario.

Il solstizio di estate e il solstizio di inverno rappresentano rispettivamente il dì più lungo e il più corto dell’anno. L’impressione del “fermarsi” del sole è dovuta al fatto che in corrispondenza dei solstizi la variazione della declinazione è molto lenta (lo si vede bene nell’analemma), a differenza degli equinozi in cui la variazione della declinazione è più significativa.

Solstizio d’estate 2020 (Emisfero boreale). 23:43

Troverete la Meditazione di Paola Lomi per questo solstizio in ADA Skype Ben Essere. Buon ascolto!

Qui a seguire alcune letture e video dei solstizi più celebrati.

Qui sotto il testo del Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare, in originale e in traduzione italiana:

http://shakespeare.mit.edu/midsummer/full.html

shakespeare_sogno_di_una_notte

 

Shakespeare in musica: “The Fairy Queen” di Henry Purcell

 

Dalla cronaca nera al mito… (Canto V Inferno dantesco)

Dalla cronaca nera al mito.
Le vicende di Paolo e Francesca nell’Inferno dantesco. 

Conversazione a cura della prof.ssa Marina Gelmetti
Domenica 24 Maggio 2020 ore 18:00 ZOOM Meeting

Canto quinto, nel quale mostra del secondo cerchio de l’inferno, e tratta de la pena del vizio de la lussuria ne la persona di più famosi gentili uomini.

Così discesi del cerchio primaio
giù nel secondo, che men loco cinghia
e tanto più dolor, che punge a guaio.3

Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia:
essamina le colpe ne l’intrata;
giudica e manda secondo ch’avvinghia.6

Dico che quando l’anima mal nata
li vien dinanzi, tutta si confessa;
e quel conoscitor de le peccata9

vede qual loco d’inferno è da essa;
cignesi con la coda tante volte
quantunque gradi vuol che giù sia messa.12

Sempre dinanzi a lui ne stanno molte:
vanno a vicenda ciascuna al giudizio,
dicono e odono e poi son giù volte.15

“O tu che vieni al doloroso ospizio”,
disse Minòs a me quando mi vide,
lasciando l’atto di cotanto offizio,18

“guarda com’entri e di cui tu ti fide;
non t’inganni l’ampiezza de l’intrare!”.
E ’l duca mio a lui: “Perché pur gride?21

Non impedir lo suo fatale andare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare
“.24

Or incomincian le dolenti note
a farmisi sentire; or son venuto
là dove molto pianto mi percuote.27

Io venni in loco d’ogne luce muto,
che mugghia come fa mar per tempesta,
se da contrari venti è combattuto.30

La bufera infernal, che mai non resta,
mena li spirti con la sua rapina;
voltando e percotendo li molesta.33

Quando giungon davanti a la ruina,
quivi le strida, il compianto, il lamento;
bestemmian quivi la virtù divina.36

Intesi ch’a così fatto tormento
enno dannati i peccator carnali,
che la ragion sommettono al talento.39

E come li stornei ne portan l’ali
nel freddo tempo, a schiera larga e piena,
così quel fiato li spiriti mali42

di qua, di là, di giù, di sù li mena;
nulla speranza li conforta mai,
non che di posa, ma di minor pena.45

E come i gru van cantando lor lai,
faccendo in aere di sé lunga riga,
così vid’io venir, traendo guai,48

ombre portate da la detta briga;
per ch’i’ dissi: “Maestro, chi son quelle
genti che l’aura nera sì gastiga?”.51

La prima di color di cui novelle
tu vuo’ saper”, mi disse quelli allotta,
“fu imperadrice di molte favelle.54

A vizio di lussuria fu sì rotta,
che libito fé licito in sua legge,
per tòrre il biasmo in che era condotta.57

Ell’è Semiramìs, di cui si legge
che succedette a Nino e fu sua sposa:
tenne la terra che ’l Soldan corregge.60

L’altra è colei che s’ancise amorosa,
e ruppe fede al cener di Sicheo;
poi è Cleopatràs lussurïosa.63

Elena vedi, per cui tanto reo
tempo si volse, e vedi ’l grande Achille,
che con amore al fine combatteo.66

Vedi Parìs, Tristano”; e più di mille
ombre mostrommi e nominommi a dito,
ch’amor di nostra vita dipartille.69

Poscia ch’io ebbi ’l mio dottore udito
nomar le donne antiche e ’ cavalieri,
pietà mi giunse, e fui quasi smarrito.72

I’ cominciai: “Poeta, volontieri
parlerei a quei due che ’nsieme vanno,
e paion sì al vento esser leggeri”.75

Ed elli a me: “Vedrai quando saranno
più presso a noi; e tu allor li priega
per quello amor che i mena, ed ei verranno”.78

Sì tosto come il vento a noi li piega,
mossi la voce: “O anime affannate,
venite a noi parlar, s’altri nol niega!”.81

Quali colombe dal disio chiamate
con l’ali alzate e ferme al dolce nido
vegnon per l’aere, dal voler portate;84

cotali uscir de la schiera ov’è Dido,
a noi venendo per l’aere maligno,
sì forte fu l’affettüoso grido.87

“O animal grazïoso e benigno
che visitando vai per l’aere perso
noi che tignemmo il mondo di sanguigno,90

se fosse amico il re de l’universo,
noi pregheremmo lui de la tua pace,
poi c’ hai pietà del nostro mal perverso.93

Di quel che udire e che parlar vi piace,
noi udiremo e parleremo a voi,
mentre che ’l vento, come fa, ci tace.96

Siede la terra dove nata fui
su la marina dove ’l Po discende
per aver pace co’ seguaci sui.99

Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende,
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e ‘l modo ancor m’offende.102

Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m’abbandona.105

Amor condusse noi ad una morte.
Caina attende chi a vita ci spense”.
Queste parole da lor ci fuor porte.108

Quand’io intesi quell’anime offense,
china’ il viso, e tanto il tenni basso,
fin che ’l poeta mi disse: “Che pense?”.111

Quando rispuosi, cominciai: “Oh lasso,
quanti dolci pensier, quanto disio
menò costoro al doloroso passo!”.114

Poi mi rivolsi a loro e parla’ io,
e cominciai: “Francesca, i tuoi martìri
a lagrimar mi fanno tristo e pio.117

Ma dimmi: al tempo d’i dolci sospiri,
a che e come concedette amore
che conosceste i dubbiosi disiri?“.120

E quella a me: “Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
ne la miseria; e ciò sa ‘l tuo dottore.
123

Ma s’a conoscer la prima radice
del nostro amor tu hai cotanto affetto,
dirò come colui che piange e dice.126

Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.129

Per più fïate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.132

Quando leggemmo il disïato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,135

la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante”.138

Mentre che l’uno spirto questo disse,
l’altro piangëa; sì che di pietade
io venni men così com’io morisse.141

E caddi come corpo morto cade.

Ascolta il Concerto di solidarietà in San Carlino

MUSICA – CULTURA – SOLIDARIETA’

fotografia di Elena Parisi

Il concerto d’organo di solidarietà a sostegno di Fondazione Humanitas per la Ricerca, eseguito a porte chiuse, è stato trasmesso dalla chiesa di San Carlo al Lazzaretto, luogo di manzoniana memoria e così fortemente simbolico per questo tempo che stiamo vivendo.
All’organo il Maestro Martino Lurani Cernuschi che dello strumento ne è il progettista.

L’organo del San Carlino, con circa 1800 canne, è uno strumento di base romantico/sinfonica con elementi adatti alla musica barocca così come altri adatti alla tradizione dell’organo da teatro.

Il concerto vuole sostenere la raccolta fondi a sostegno dei medici, infermieri e ricercatori di Humanitas impegnati nella lotta contro il Covid-19. E’ possibile donare online su donazioni.humanitas.it. L’iniziativa è realizzata in collaborazione con Fondazione Humanitas per la Ricerca e la parrocchia di S. Francesca Romana.

Potete qui riascoltare questo concerto al seguente link:

L’organo di San Carlo al Lazzaretto a Milano è il più innovativo e poliedrico organo del panorama lombardo. (Progetto: Martino Lurani Cernuschi – Realizzazione: Ditta Inzoli Cav. Pacifico & figli di Bonizzi F.lli. ).

Ideato e progettato per essere uno strumento di base Romantico/Sinfonica con elementi adatti alla musica barocca così come altri adatti alla tradizione dell’organo da teatro. Tale strumento riesce ad abbracciare fedelmente un repertorio che va da Bach alla musica da intrattenimento del 900′.

Lo strumento ha 31 file complete + 3 parziali, consta di 20 somieri differenti e circa 1800 canne. Di tutte le file, molte sono di nuova costruzione mentre il resto arriva da un meraviglioso organo Norman & Beard” del 1906.

La trasmissione è quasi interamente elettronica con somieri a magnete diretto. Solo i somieri delle basserie e del glockenspiel sono ad azionamento elettropneumatico.

Tutto lo strumento è chiuso in cassa espressiva per gestirne ottimamente l’importante mole sonora. Tre persiane indipendenti vengono gestite da altrettante staffe in consolle. Tali persiane gestiscono il volume di tre sezioni fondamentali dell’organo. Ance prima tastiera (persiana sinistra). Ance seconda tastiera (persiana destra). Sezione canne labiali (persiana centrale).

Vari registri sono ripetuti su entrambi i manuali proprio per avere a disposizione una grande modulabilità.

Inoltre sono presenti 4 tremoli.

Tremolo debole sezione labiale

Tremolo forte sezione labiale (del tipo wurlitzer).

Tremolo sezione ance

Tremolo Vox Humana

Oltre a questo sono presenti tutte le unioni-sub e super ottave.

È stato inserito anche l’accoppiamento melodico III/II e III/I

Le pressioni così come i mantici sono 4 e vanno dai 90 ai 170 mm in colonna d’acqua.

Le tastiere sono 3 anche se tecnicamente sono 2.

Poesia greca del Novecento – 9 maggio 2020

ZOOM Meeting
Alessandra Salamida con la partecipazione di Natasha Rouchota
Poesia greca del Novecento – 9 maggio 2020 ore 18:00

Odysseas Elytīs Οδυσσέας Ελύτης
Konstantinos Kavafis Κωνσταντίνος Καβάφης
Yiannis Patilis Γιάννης Πατίλης
Ghiannis Ritsos Γιάννης Ρίτσος
Giorgos Seferis Γιώργος Σεφέρης

Nanà Isaia Νανα Ησαια
Maria Lainà Μαρία Λαϊνά
Maria Kentrou Agathopoulou Μαρία Κέντρου Αγαθοπουλου
Kikì Dimoulà Κική Δημουλά
Katerina Anghelaki Ruk Κατερίνα Αγγελακη Ρουκ

Nel 1896 la Grecia organizzava i primi Giochi Olimpici moderni ad Atene e nel Novecento la poesia neogreca raggiunse vertici assoluti: C. Kavafis, G. Ritsos, G. Seferis e O. Elitis (questi ultimi due vinsero il Nobel).
C’è un interesse rinnovato verso il mondo antico in Occidente, uno sguardo verso Oriente, di cui la Grecia è porta, in cerca di nuovi stimoli e antiche radici, correlazioni, indagando la propria identità