8 Marzo 2021 – La Triplicità delle Grazie – Chiara Gelmetti

BUON 8 MARZO!

Per festeggiare l’8 marzo 2021, dedico a tutte le socie WKO-ADA, alle donne e ai loro compagni, figli e amici, questo video sulle Grazie, affinché siano  gentilezza e grazia le armi di domani, a proporre una lieve e potente rinascenza…

Ringrazio inoltre di cuore l’amica e socia, nonchè Presidente dell’Associazione culturale Jayavidya, per avermi invitata al ciclo di Conversazioni online di Jayavidya, sollecitandomi questo titolo.
Il video viene presentato oggi in anteprima su questo sito e sarà visibile sui media Jayavidya dal 14 marzo prossimo.

Ho registrato questo video quest’anno, prima dell’avvenuta fusione con WKO, dunque mi scuso se cito, qui, solo ADA. Ma a tutti voi di WKO-ADA è dedicato questo mio piccolo lavoro.
 Chiara Gelmetti

La danza delle Grazie WKO-ADA per il FAI 4 marzo 2021

La danza delle Grazie
una conversazione a cura di Chiara Gelmetti

4 marzo 2021 ore 18:30

FAI Fondo Ambiente Italiano

Tracce del mito delle Grazie nella coreologia rinascimentale e nel pensiero cortese della seconda metà del Quattrocento attraverso la figura di Ippolita Maria Sforza che, donna di potere e abilità diplomatica , fece della Grazia e della Danza un medium efficace per tessere relazioni delicate e importanti nella penisola, garantendo un legame stretto e amicale tra il regno Aragonese in Italia e la corte milanese-pesarese Sforzesca, nonchè messaggera di pace e signataria dell’asse MILANO-FIRENZE.NAPOLI.

Il cortigiano Antonio Cornazano le dedica il suo libro “Arte del danzare” e Guglielmo Ebreo da Pesaro, il più noto maestro di danza del Rinascimento italiano, di cui si è festeggiato nel 2020 il sesto centenario dalla nascita, la cita più volte per l’abilità e la grazia dell’arte del danzare.

https://www.fondoambiente.it/eventi/la-danza-delle-grazie-ippolita-maria-sforza-tra-grazia-e-potere

Concorso San Valentino 2021 – ADA Montefeltro

Come ogni anno – ormai da molti anni una tradizione lega ADA Montefeltro alla Rocca di Gradara e alle note vicende del V canto della Divina Commedia dantesca – abbiamo celebrato San Valentino 2021 in questa piattaforma virtuale, senza poter, purtroppo, abbinare una performance di danza, come sempre fu consuetudine gli anni passati.

Non abbiamo però rinuciato a festeggiare questa ricorrenza con l’aiuto di Laura Gallotta, referente ADA Montefeltro, docente e riferimento del metodo di scrittura poetica Caviardage,  che aveva  già organizzato parte delle e collaborato alle attività di questa giornata speciale a Gradara, la quale ha organizzato quest’anno il Concorso Ciò che gli occhi non sanno che propone, ai nostri soci, la creazione di un’opera visiva e illustrata, tra il/i particolare/i di un’immagine e le parole che lo colgono  e naturalmente aspicando di tornare presto a danzare a Gradara.

Qui la locandina con i termini della partecipazione al Concorso.
Ciò che gli occhi non sanno 14feb2021

Qui le opere giunte, precedute da qualche storica locandina dei San Valentini passati…: Concorso San Valentino Opere

Ieri sera la giuria, composta da Laura Gallotta,  Chiara Gelmetti e l’artista Mauro Drudi, dopo difficile scelta (tutte le opere per un verso o per l’altro risultano così diverse e interessanti nella loro forma compositiva,  narrativa, nelle immagini scelte  e nell’estetica complessiva), ha decretato

Vincitrice del Concorso Ciò che gli occhi non sanno: Luisa del Vecchio
per la corposità  testuale che contralta la leggerezza dell’immagine, per la narrazione  di un sentimento che evolve nel tempo e la sua intima condivisione.

Inoltre è stato attribuito un secondo Premio Simpatia ad Antonietta Boaretto per la creatività accattivante, la tonalità ironica e storicamente puntuale della narrazione e l’immagine della simpaticissima donzella-ortaggio che ha ideato per amore…

 

 

 

 

Qui sotto le altre opere giunte:

Fuori Concorso:

E a presto per danzare insieme a Gradara!

Ricordando Antonia Pozzi con Antonetta Carrabs 13feb2021

Abbiamo ricordato Antonia Pozzi con Antonetta Carrabs nel 109esimo anniversario della nascita:  Antonia Pozzi Antonetta Carrabs 13feb2021

Ecco la presentazione della Conversazione su Antonia Pozzi da parte del poeta Antonetta Carrabs, direttrice della collana PoesiaPress (NemaPress Edizioni)

Antonia Pozzi e Antonetta Carrabs (Per Antonia) recitati dall’attrice Mara Gualandris

Qui potete rivedere il video della conversazione online con Antonetta Carrabs, Neria De Giovanni, Roberto Porroni, Chiara Gelmetti e le attrici Mara Gualandris e Alessandra Salamida:

https://quaderni-di-poesia9.webnode.it/chi-sono/

https://www.portaleletterario.net/rubriche/anniversari-di-redazione/1656/da-poeta-a-poeta–antonia-pozzi-nel-ricordo-di-antonetta-carrabs-?fbclid=IwAR1NU7FxxpF6fcVv5bKrjA9FuAEOqERQRgdT2uEiMcmpkt0FW5yrluDbOTg

ANTONIA POZZI (Milano, 13 febbraio 1912 – 3 dicembre 1938)

Quando Antonia Pozzi nasce è martedì 13 febbraio 1912: bionda, minuta, delicatissima, tanto da rischiare di non farcela a durare sulla scena del mondo; ma la vita ha le sue rivincite e … … Antonia cresce: è una bella bambina, come la ritraggono molte fotografie, dalle quali sembra trasudare tutto l’amore e la gioia dei genitori, l’avvocato Roberto Pozzi, originario di Laveno, e la contessa Lina, figlia del conte Antonio Cavagna Sangiuliani di Gualdana e di Maria Gramignola, proprietari di una vasta tenuta terriera, detta La Zelata, a, Bereguardo. Il 3 marzo la piccola viene battezzata in San Babila ed eredita il nome del nonno, primo di una serie di nomi parentali (Rosa, Elisa, Maria,Giovanna, Emma), che indicherà per sempre la sua identità. Antonia cresce, dunque, in un ambiente colto e raffinato: il padre avvocato, già noto a Milano; la madre, educata nel Collegio Bianconi di Monza, conosce bene il francese e l’inglese e legge molto, soprattutto autori stranieri, suona il pianoforte e ama la musica classica, frequenta la Scala, dove poi la seguirà anche Antonia; ha mani particolarmente abili al disegno e al ricamo. Il nonno Antonio è persona coltissima, storico noto e apprezzato del Pavese, amante dell’arte, versato nel disegno e nell’acquerello. La nonna, Maria, vivacissima e sensibilissima, figlia di Elisa Grossi, a sua volta figlia del più famoso Tommaso, che Antonia chiamerà “Nena” e con la quale avrà fin da bambina un rapporto di tenerissimo affetto e di profonda intesa. Bisogna, poi, aggiungere la zia Ida, sorella del padre, maestra, che sarà la compagna di Antonia in molti suoi viaggi; le tre zie materne, presso le quali Antonia trascorrerà brevi periodi di vacanza tra l’infanzia e la prima adolescenza; la nonna paterna, Rosa, anch’essa maestra, che muore però quando Antonia è ancora bambina. Nel 1917 inizia per Antonia l’esperienza scolastica: l’assenza, tra i documenti, della pagella della prima elementare, fa supporre che la bimba frequenti come uditrice, non avendo ancora compiuto i sei anni, la scuola delle Suore Marcelline, di Piazzale Tommaseo, o venga preparata privatamente per essere poi ammessa alla seconda classe nella stessa scuola, come attesta la pagella; dalla terza elementare, invece, fino alla quinta frequenta una scuola statale di Via Ruffini. Si trova, così, nel 1922, non ancora undicenne, ad affrontare il ginnasio, presso il Liceo-ginnasio “Manzoni”, da dove, nel 1930, esce diplomata per avventurarsi negli studi universitari, alla Statale di Milano.

Gli anni del liceo segnano per sempre la vita di Antonia: in questi anni stringe intense e profonde relazioni amicali con Lucia Bozzi ed Elvira Gandini, le sorelle elettive, già in terza liceo quando lei si affaccia alla prima; incomincia a dedicarsi con assiduità alla poesia, ma, soprattutto, fa l’esperienza esaltante e al tempo stesso dolorosa dell’amore. È il 1927: Antonia frequenta la prima liceo ed è subito affascinata dal professore di greco e latino, Antonio Maria Cervi; non dal suo aspetto fisico, ché nulla ha di appariscente, ma dalla cultura eccezionale, dalla passione con cui insegna, dalla moralità che traspare dalle sue parole e dai suoi atti, dalla dedizione con cui segue i suoi allievi, per i quali non risparmia tempo ed ai quali elargisce libri perché possano ampliare e approfondire la loro cultura. La giovanissima allieva non fatica a scoprire dietro l’ardore e la serietà, nonché la severità del docente, molte affinità: l’amore per il sapere, per l’arte, per la cultura, per la poesia, per il bello, per il bene, è il suo stesso ideale; inoltre il professore, ha qualcosa negli occhi che parla di dolore profondo, anche se cerca di nasconderlo, e Antonia ha un animo troppo sensibile per non coglierlo: il fascino diventa ben presto amore e sarà un amore tanto intenso quanto tragico, perché ostacolato con tutti i mezzi dal padre e che vedrà la rinuncia alla “vita sognata” nel 1933, “non secondo il cuore, ma secondo il bene”, scriverà Antonia, riferendosi ad essa. In realtà questo amore resterà incancellabile dalla sua anima anche quando, forse per colmare il terribile vuoto, si illuderà di altri amori, di altri progetti , nella sua breve e tormentata vita.
Nel 1930 Antonia entra all’Università nella facoltà di lettere e filosofia; vi trova maestri illustri e nuove grandi amicizie: Vittorio Sereni, Remo Cantoni, Dino Formaggio, per citarne alcune; frequentando il Corso di Estetica, tenuto da Antonio Banfi, decide di laurearsi con lui e prepara la tesi sulla formazione letteraria di Flaubert, laureandosi con lode il 19 novembre 1935. In tutti questi anni di liceo e di università Antonia sembra condurre una vita normalissima, almeno per una giovane come lei, di rango alto-borghese, colta, piena di curiosità intelligente, desta ad ogni emozione che il bello o il tragico o l’umile suscitano nel suo spirito: l’amore per la montagna, coltivato fin dal 1918, quando ha incominciato a trascorrere le vacanze a Pasturo, paesino ai piedi della Grigna, la conduce spesso sulle rocce alpine, dove si avventura in molte passeggiate e anche in qualche scalata, vivendo esperienze intensissime, che si traducono in poesia o in pagine di prosa che mettono i brividi, per lo splendore della narrazione e delle immagini; nel 1931 è in Inghilterra, ufficialmente per apprendere bene l’inglese, mentre, vi è stata quasi costretta dal padre, che intendeva così allontanarla da Cervi; nel 1934 compie una crociera, visitando la Sicilia, la Grecia, l’Africa mediterranea e scoprendo, così, da vicino, quel mondo di civiltà tanto amato e studiato dal suo professore e il mondo ancora non condizionato dalla civiltà europea, dove la primitività fa rima, per lei, con umanità; fra il 1935 e il 1937 è in Austria e in Germania, per approfondire la conoscenza della lingua e della letteratura tedesca, che ha imparato ad amare all’Università, seguendo le lezioni di Vincenzo Errante, lingua che tanto l’affascina e che la porta a tradurre in italiano alcuni capitoli di “Lampioon”, di M. Hausmann. Intanto è divenuta “maestra” in fotografia: non tanto per un desiderio di apprenderne la tecnica, aridamente, quanto perché le cose, le persone, la natura hanno un loro sentimento nascosto che l’obiettivo deve cercare di cogliere, per dar loro quell’eternità che la realtà effimera del tempo non lascia neppure intravedere. Si vanno così componendo i suoi album, vere pagine di poesia in immagini. Questa normalità, si diceva, è, però, solamente parvenza. In realtà Antonia Pozzi vive dentro di sé un incessante dramma esistenziale, che nessuna attività riesce a placare: né l’insegnamento presso l’Istituto Tecnico Schiaparelli, iniziato nel ‘37 e ripreso nel ’38; né l’impegno sociale a favore dei poveri, in compagnia dell’amica Lucia; né il progetto di un romanzo sulla storia della Lombardia a partire dalla seconda metà dell’Ottocento; né la poesia, che rimane, con la fotografia, il luogo più vero della sua vocazione artistica. La mancanza di una fede, rispetto alla quale Antonia, pur avendo uno spirito profondamente religioso, rimase sempre sulla soglia, contribuisce all’epilogo: è il 3 dicembre del 1938.

Lo sguardo di Antonia Pozzi, che si era allargato quasi all’infinito, per cogliere l’essenza del mondo e della vita, si spegne per sempre mentre cala la notte con le sue ombre viola.

Onorina Dino

Biografia tratta da Antonia Pozzi. Nelle immagini l’anima: antologia fotografica,
a cura di Ludovica Pellegatta e Onorina Dino, Ancora, Milano 2007

Giselle – Video Masterclass dal Teatro alla Scala di Milano


Considerato come il simbolo del balletto classico e romantico, Giselle nacque dall’idea di Théophile Gautier, un romanziere francese, e venne poi musicato, non appena la stesura del libretto fu terminata, da Adolphe-Charles Adam, uno tra i più celebri compositori di musiche per balletto. La coreografia fu affidata a Jean Coralli; i passi dei primi ballerini furono invece curati da Jules Perrot.

L’autore del libretto, alla lettura del De l’Allemagne di Heinrich Heine rimase impressionato dalla suggestività dei luoghi descritti e soprattutto della Saga delle “Villi” (dalla radice slava Vila che significa fata), nome con il quale, nella mitologia dei popoli slavi, si designano gli spiriti di giovani fanciulle morte infelici perché tradite o abbandonate prima del matrimonio. Vendicative e spettrali, incapaci di trovare riposo eterno nella morte, ogni notte vagano in cerca dei loro traditori e li costringono, con l’aiuto di rametti di vischio apparentemente magici, a ballare convulsamente fino a provocarne la morte per sfinimento o fino a che, totalmente indeboliti, non vengano gettati in un lago nelle loro vicinanze. Alla morte del rispettivo traditore, le Villi si dileguano e con esse svanisce, finalmente placato, il fantasma della fanciulla morta per amore. Nel libro di Heine, inoltre, le Villi provano un irrefrenabile desiderio e amore per la danza, aspetto che contribuì a fare di questa leggenda la fonte di ispirazione del balletto.

Buon compleanno Amadeus! con l’inedito milanese…

In streaming dal Teatro alla Scala di Milano il Così fan tutte con un click:

https://www.ansa.it/sito/videogallery/italia/2021/01/21/milano-al-teatro-alla-scala-il-cosi-fan-tutte-di-mozart-lopera-torna-in-scena-in-streaming_b0431193-c202-4df4-b3c1-057955effa10.html

Mozart trascorse quasi un anno della sua breve vita a Milano. Qui si innamorò e divenne operista, qui conobbe Giuseppe Parini e Giovan Battista Sammartini, una delle massime autorità musicali del tempo, qui più che altrove capì lo stile italiano. Il giovane Wolfgang Amadeus si perde nei divertimenti del carnevale ambrosiano, assiste alle esecuzioni capitali, suona l’organo della chiesa di San Marco, tiene concerti, frequenta cantanti, passa sovente le serate in casa del conte Karl Joseph von Firmian, il plenipotenziario austriaco. Per il castrato Venanzio Rauzzini compone il mottetto “Exsultate, jubilate”, uno tra i più belli che ci abbia lasciato.

Cecilia Bartoli canta l’Alleluja dell’Exsultate Jubilate. 2006. Direttore: Riccardo Muti. Clicca al link:  https://youtu.be/YruVzW6zjdk

Armando Torno ricostruisce il soggiorno milanese del giovane musicista e di suo padre Leopold, i loro incontri e le molte composizioni mozartiane che in questa città presero forma, le loro speranze ma anche qualche piccola delusione.

Mozart, spunta un inedito:
è l’Allegro composto a Milano

Il pezzo verrà eseguito (in streaming) mercoledì 27 per la prima volta a Salisburgo. Il compositore lo scrisse a 17 anni. Passò di mano sette volte. Una storia rocambolesca,

Articolo di Valerio Cappelli tratto dal Corriere della Sera del 25 gennaio 2021
Mozart, spunta un inedito: è l'Allegro composto a Milano

Il celebre tenore è per il terzo anno direttore artistico del Mozartwoche Festival, che si inaugura domani con l’Allegro in re K 626b/16, per celebrare il 265° anniversario della nascita del compositore.

Dal Mozarteum di Salisburgo, alle 18 in streaming sulla piattaforma DG Stage, l’inedito verrà eseguito dal pianista Seong-Jin Cho, sudcoreano di 26 anni. Mozart ne aveva nove in meno, quando, 17 enne, nel 1773 durante il suo terzo tour in Italia, a Milano, completò l’Allegro.

«Si tratta — racconta Villazón — di una trascrizione per piano di un pezzo orchestrale, una danza. Anche se è breve, dura 94 secondi, ci parla di un universo musicale completo, ed è di una qualità straordinaria». Ci sono echi del soggiorno a Milano? E l’Italia? «Sì nel senso che nel vostro Paese Mozart ha appreso tantissimo, a cominciare dal contrappunto. Più che sul piano musicale, nella freschezza del brano si può immaginare la gente che vedeva, i luoghi che visitava, la lingua. Mozart è un amico, un complice di vita, ha capito l’essenza della vita e l’ha tradotta in musica».

L’Allegro (disponibile dal 29 in versione digitale grazie a Deutsche Grammophon) verrà suonato due volte nel corso della serata, e sarà incastonato a parole, in una sorta di simposio in cui l’Allegro viene contestualizzato, all’interno dell’arco compositivo mozartiano dal comitato scientifico del Mozarteum. Non deve trarre in inganno il numero del catalogo mozartiano redatto nell’800 dal musicologo austriaco Köchel: infatti, seguendo l’ordine cronologico, 626 è assegnato all’incompiuto Requiem, l’ultima sua opera, mentre l’Allegro come si è detto lo scrisse a 17 anni. Ma 626 seguito dalla lettera «b» raccoglie 48 pezzi e frammenti di composizioni spesso di datazione incerta.

«Non è — continua Villazón — una Sinfonia completa, sappiamo che tra 50 e 100 pezzi di Mozart sono andati perduti, perciò è un evento di grande importanza». È Mozart che torna nella sua Salisburgo. Conservato su entrambi i lati di un unico foglio manoscritto, l’Allegro fu dato dalla sorella maggiore di Mozart, Maria Anna che in famiglia chiamavano Nannerl e con questo vezzeggiativo è passata alla Storia, al figlio più giovane del compositore, Franz Xaver. Il quale lo cedette a Aloys Fuchs, collezionista e musicista dilettante. A fine ‘800 la proprietà passò a un antiquario e mercante d’arte viennese, quindi messo all’asta alla sua morte, nel 1899. La sua esistenza fu annotata nel catalogo di Köchel, ma l’opera sfuggì al vaglio degli studiosi malgrado fosse presente in più aste. Nel 2018 l’inedito è stato offerto in vendita alla Fondazione Mozarteum dal proprietario, un ingegnere franco-olandese che l’aveva acquistato da un commerciante parigino.

«L’Allegro cadde in mani che non sapevano, che non capivano l’importanza di ciò che possedevano e magari il manoscritto lo dimenticarono in qualche scaffale, tra libri delle loro biblioteche», dice Villazón.

Operato per una cisti alle corde vocali nel 2009, il tenore, pur senza abbandonare il canto («faccio due produzioni liriche all’anno e dei recital, ma sono più completo come artista») si è reinventato nei talent show, come conduttore radiofonico, direttore artistico e romanziere: «Il mio terzo libro si intitola Amadeus in bicicletta».

Ed ecco qui il link per rivedere la famosa aria della “Regina della Notte” dal Flauto magico tratta dal film di Milos Formann AMADEUS

Le Mistiche pazze per Dio

Le Mistiche pazze per Dio. La via femminile al Romanticismo nel Medioevo. Un libro di Antonetta Carrabs e Iride Enza Funari, Nemapress Edizioni.
Dal libro una drammatizzazione a cura di ADA Danze Antiche
nella Galleria comunale Santa Croce di Cattolica per la rassegna Marzo per LEI questo evento è spostato a prossima data.
Nell’attesa vi offriamo queste interviste qui sotto e il link al video della presentazione dello spettacolo. Isolati, ma non soli!

Ringraziamo inoltre Laura Gallotta per questo bellissimo video sulla Visio prima di Ildegarda di Bingen realizzato con il metodo Caviardage per noi.

Qui l’intervista alle autrici. Ascolta:

Intervista alla psichiatra e criminologa d.ssa Rossana Botti, dirigente presso l’Ospedale di Desio, aderente al movimento spdc no restraint, sul fenomeno del misticismo femminile: una mistica non è una psicotica…

Intervista al M° Enrica Sabatini che ha realizzato le coreografie per questo spettacolo: a presto con le danze, non appena riprenderemo spazi e luoghi con la fine di questa emergenza sanitaria.

Musica medievale con Enrica Sabatini

Ringraziamo Enrica Sabatini, musicista e danzatrice, nostra docente di danza medievale e docente di danza rinascimentale per la sezione ADA Montefeltro, per questo brano dal Codex Faenza che ci ha inviato e qui eseguito insieme a Fabio Falcone, formatosi al Centre de Musique Ancienne di Ginevra. Il claviciterium è opera del pesarese Roberto Livi .

Marina Gelmetti – La lirica amorosa

Francesco Petrarca  Solo et pensoso (Canzoniere, 35)

Ringraziamo la prof.ssa Marina Gelmetti per la lettura e il commento a questo meraviglioso sonetto. E’ in corso di caricamento prossimamente la spiegazione formale del sonetto.

Solo et pensoso i più deserti campi
vo mesurando a passi tardi et lenti,
et gli occhi porto per fuggire intenti
ove vestigio human l’arena stampi.

Altro schermo non trovo che mi scampi
dal manifesto accorger de le genti,
perché negli atti d’alegrezza spenti
di fuor si legge com’io dentro avampi:

sì ch’io mi credo omai che monti et piagge
et fiumi et selve sappian di che tempre
sia la mia vita, ch’è celata altrui.

Ma pur sì aspre vie né sì selvagge
cercar non so ch’Amor non venga sempre
ragionando con meco, et io co llui.

È uno dei sonetti più celebri del “Canzoniere”, composto prima del 1337 e in cui Petrarca descrive se stesso intento a camminare in luoghi remoti e selvaggi, nel tentativo (vano) di evitare i suoi pensieri amorosi e, soprattutto, per non mostrare agli altri il suo aspetto afflitto rivelatore delle sue pene sentimentali. La lirica è interessante, oltre che per l’accuratezza stilistica e retorica, anche per l’oggettivazione del sentimento interiore attraverso il paesaggio esterno, poiché la desolazione dei luoghi solitari percorsi dall’autore rispecchia pienamente la sua intima afflizione (questo è uno degli elementi di maggior novità della poesia petrarchesca, nonché di distanza dalla precedente tradizione della lirica cortese).

 

Poesia nel Quattrocento

Ringraziamo l’attrice Margò Volo per regalarci queste due bellissime poesie : “Liquida Luce” di Matteo Maria Boiardo e, tratta dalle Rime – Canzone a ballo CIX, di Agnolo Poliziano “Benedetto sie il giorno, l’ora ‘l punto…” testi che  ricordiamo risuonare durante lo spettacolo organizzato da ADA nel Santuario dei Grandi Dei, Samotracia 2017.

Buona visione e ascolto!

Matteo Maria Boiardo. Poeta, conte di Scandiano (Scandiano 1441 – Reggio nell’Emilia 1494). Cortigiano amico di Ercole d’Este, a cuì dedicò i carmi De laudibus Estensium (146274) e dieci egloghe latine, capitano ducale a Modena (148087) e a Reggio (148794), alternò le cure del governo del suo feudo e quelle delle faccende di corte e degli uffici con traduzioni dal latino e con l’attività poetica. Avvenimento importante della sua vita fu l’amore per Antonia Caprara, da lui conosciuta nel 1469, le cui vicende cantò negli Amorum libri III, il più bel canzoniere del Quattrocento, pubblicato postumo nel 1499.
http://www.treccani.it/enciclopedia/matteo-maria-boiardo

Angiolo POLIZIANO. Agnolo di Benedetto nacque il 14 luglio del 1454 a Montepulciano da una famiglia popolana, che poi fu detta “dei Cini”, ma che al padre e a lui piacque di denominare da un altro avo “degli Ambrogini”; sennonché, prevalendo allora su ogni altra designazione il luogo d’origine, egli stesso si firmava spesso “il Poliziano” e così fu comunemente detto. Per una rappresaglia di offese private gli fu scannato il padre (1464), e il ragazzo fu mandato a Firenze presso certi parenti per alleviar di lui il peso all’impoverita famiglia. Ben poco sappiamo di questi oscuri anni: un suo epigramma latino ci mostra come le sue precoci ambizioni si gelassero al vento della miseria. Lo soccorse in tempo l’intelligente mecenatismo di Lorenzo il Magnifico: come questo aiuto si attuasse, non sappiamo; ma certo fu morale oltre che materiale; a noi, oggi, par d’intendere che Lorenzo vedesse nel giovanetto precoce, che faceva stupire i dotti per certe interpretazioni catulliane e sapeva egli stesso poetare elegantemente in latino e in greco, uno strumento ai suoi fini di restaurazione culturale della città.
http://www.treccani.it/enciclopedia/angiolo-poliziano_%28Enciclopedia-Italiana%29/