Santa Cecilia, martire del III secolo d.C. patrona di musicisti e cantanti, è protagonista della tavola dipinta da un seguace di Giotto di inizio Trecento, Assisa in trono, con la palma del martirio e il libro sacro, è circondata da 8 storie della sua vita.
Cecilia, nata da una nobile famiglia a Roma, sposò il nobile Valeriano. Si narra che il giorno delle nozze nella casa di Cecilia risuonassero organi e lieti canti ai quali la vergine, accompagnandosi, cantava nel suo cuore: “conserva o Signore immacolati il mio cuore e il mio corpo, affinché non resti confusa”. Da questo particolare è stato tratto il vanto di protettrice dei musicanti. Confidato allo sposo il suo voto, egli si convertì al cristianesimo e nella prima notte di nozze ricevette il battesimo per mano del pontefice Urbano I. Tornato nella propria casa, Valeriano vide Cecilia prostrata nella preghiera con un giovane: era l’angelo che da sempre vegliava su di lei. Insospettito, chiese una prova dell’effettiva natura angelica di quel giovinetto: questi, allora, fece apparire due corone di fiori e le pose sul capo dei due sposi. Ormai credente convinto, Valeriano pregò che anche il fratello Tiburzio ricevesse la stessa grazia e così fu.
Il giudice Almachio aveva proibito, tra le altre cose, di seppellire i cadaveri dei cristiani, ma i due fratelli convertiti alla fede si dedicavano alla sepoltura di tutti i poveri corpi che incontravano lungo la loro strada. Vennero così arrestati e dopo aver redento l’ufficiale Massimo che aveva il compito di condurli in carcere, sopportarono atroci torture piuttosto che rinnegare Dio e vennero poi decapitati. Cecilia pregò sulla tomba del marito, del cognato e di Massimo (tutti e tre santi venerati il 14 aprile)[1], anch’egli ucciso perché divenuto cristiano, ma poco dopo venne chiamata davanti al giudice Almachio che ne ordinò la morte per bruciatura, ma si narra che “la Santa invece di morire cantava lodi al Signore”. Convertita la pena per asfissia in morte per decapitazione, il carnefice vibrò i tre colpi legali (era il “contratto” dei boia per ogni uccisione) ma Cecilia non morì, restando agonizzante per tre giorni. Fu papa Urbano I, sua guida spirituale, a renderle la degna sepoltura nelle catacombe di San Callisto.
La Legenda Aurea narra che papa Urbano I, che aveva convertito il marito di lei Valeriano ed era stato testimone del martirio, «seppellì il corpo di Cecilia tra quelli dei vescovi e consacrò la sua casa trasformandola in una chiesa, così come gli aveva chiesto»