Oggi 25 marzo è il Dantedì, giornata voluta dal governo italiano per celebrare Dante Alighieri e la sua Divina Commedia, simbolo di unità e pilastro della cultura italiana nel mondo. Gli eventi di quest’anno sono, in ogni caso, propedeutici alle celebrazioni che si terranno in Italia nel 2021, quando cadrà il 700esimo anniversario della morte di Dante.
Perché il Dantedì si celebra il 25 marzo la domanda che molti si pongono è perché il Dantedì si celebri proprio il 25 marzo. Il motivo risiede nel fatto che il 25 marzo 1300 (per alcuni studiosi, invece, si tratterebbe dell’8 aprile di quello stesso anno) sarebbe il giorno esatto in cui Dante si perde nella famosa selva oscura.
I famosi versi dell’incipit della Divina Commedia, “Nel mezzo del cammin di nostra vita. mi ritrovai per una selva oscura. ché la diritta via era smarrita” sarebbero l’inizio di un viaggio narrativo nell’aldilà che Dante-personaggio avrebbe intrapreso per raccontare l’Inferno. In base a quali elementi
possiamo dire che si tratti del 25 marzo e non di un altro giorno? Ecco cosa sostengono gli studiosi.
La Divina Commedia inizia il 25 marzo o l’8 aprile?
Secondo alcune autorevoli interpretazioni, il giorno in cui inizia il viaggio di Dante Alighieri all’Inferno sarebbe il 25 marzo, per altri è da considerare l’8 aprile. Il motivo? Nella terzina da 37 a 40 del primo canto dell’Inferno, Dante specifica le circostanze dell’apparire della lonza, la prima delle tre fiere della selva oscura: sono le prime ore del mattino ed il sole, afferma il poeta, sta sorgendo nella costellazione dell’Ariete.
Dunque il viaggio di Dante è da collocare nel tempo dell’equinozio di primavera, quando il sole sorge e tramonta alla stessa ora in tutti i luoghi della terra e segna il momento climatico della rinascita della natura. Era, inoltre, opinione comune nel Medioevo che i sei giorni della creazione del mondo fossero culminati proprio con l’equinozio di primavera, così come la parabola terrena di Cristo, dall’incarnazione alla morte, che segna la rinascita dell’umanità dal buio del peccato, fosse compresa fra due equinozi di primavera.
Successivamente, nel canto XXI dell’Inferno, troviamo un buon indizio a questa informazione. Nella terzina compresa tra i versi 112-114 il diavolo Malacoda sostiene che i ponti che collegano le bolge del cerchio VIII crollarono al momento della morte di Cristo, esattamente “mille dugento con sessanta sei/anni” e cinque ore prima del colloquio tra il diavolo stesso ed i due pellegrini.
Si riteneva comunemente nel Medioevo che Cristo fosse morto al compiersi dei 34 anni dall’incarnazione, fissata per induzione, a partire dalla tradizionale data della natività (25 dicembre), al 25 marzo, data vicina, e non certo per casuale coincidenza, all’equinozio di primavera. Questa informazione non solo conferma l’anno del viaggio al 1300, ma offre uno spunto per individuarne il giorno di inizio.
Bisogna, inoltre, ricordare che nel corso del Medioevo non era consuetudine iniziare a contare i giorni dell’anno dal primo giorno di gennaio. I documenti notarili tramandano diversi criteri di datazione, di cui i più comuni sono la datazione “ab nativitade”, cioè a partire dal 25 dicembre, e la datazione “ab incarnatione” cioè a partire dal 25 marzo.
Tuttavia, questo passaggio che confermerebbe il 25 marzo come data in cui è ambientato il famoso incipit della Divina Commedia, potrebbe essere suscettibile di altra interpretazione, per molto studiosi, infatti, Dante intendeva con ciò riferirsi al fatto che la data dell’inizio del viaggio sia quella del giorno della morte di Cristo, non quindi il tradizionale 25 marzo ma al Venerdì Santo, che nel 1300, giunse l’8 aprile.
Ringraziamo Luigi e Paola che dalla Toscana ci porgono questi bellissimi versi che potete ascoltare qui sotto:
- Nel 2010 ADA ha organizzato con l’amica e già socia prof.ssa Ida Garzonio una conversazione al C.S.C.S. di Milano su Musica e Danza nella Divina Commedia e uno dei primi laboratori di danza medievale a Milano che ancora oggi fanno parte della didattica ADA.
A conclusione proponiamo qui sotto la lettura del XXXIII Canto del Paradiso dantesco a cura di Antonetta Carrabs, presidente della Casa della Poesia di Monza con la quale ADA ha tante volte collaborato, di cui più sotto troverete il testo completo.
Che la Vergine Madre, umile e alta più che creatura, ci protegga e ci accompagni presto sani oltre questa emergenza sanitaria.
“Vergine madre, figlia del tuo Figlio,
Umile ed alta più che creatura,
Termine fisso d’eterno consiglio.
Tu se’ colei che l’umana natura
Nobilitasti sì, che il suo Fattore
Non disdegnò di farsi sua fattura.
Nel ventre tuo si raccese l’amore
Per lo cui caldo nell’eterna pace
Così è germinato questo fiore.
Qui se’ a noi meridïana face
Di caritate; e giuso, intra i mortali,
Se’ di speranza fontana vivace.
Donna, se’ tanto grande e tanto vali,
Che, qual vuol grazia e a te non ricorre,
Sua disïanza vuol volar senz’ali.
La tua benignità non pur soccorre
A chi domanda, ma molte fiate
Liberamente al domandar precorre.
In te misericordia, in te pietate,
In te magnificenza, in te s’aduna
Quantunque in creatura è di bontate!
(Dante, Paradiso, XXXIII)