La danza come terapia di Gigliola Foglia
La danza è sempre stata il sogno della mia vita, fin da quando saltellavo per casa con un vecchio abito della nonna e un paio di scarpette di raso rosso che i miei genitori mi avevano regalato non potendosi permettere le lezioni.
Da piccola probabilmente ero attratta soprattutto dalla nuvola di tulle e lustrini dei tutù e dalla ‘magia’ delle scarpette che ti permettono di sollevarti sulle punte dei piedi… poi è venuto il piacere della fatica, del combattere i propri limiti fisici e mentali, e la passione culturale di rincorrere il senso di tanti stili e tradizioni in tutto il mondo e in tutti i tempi.
A 52 anni ho dovuto fare i conti inaspettatamente con la malattia, e la danza mi ha aiutato prima, durante e dopo, in vari modi. Innanzitutto mi ha aiutato a scoprirla: un nodulo al seno non visto dalla mammografia ma che ho avvertito da sola dopo aver eliminato i 6 chili presi durante la malattia di mia mamma che poi è mancata. Volevo tornare al mio giusto peso non per vanità ma perché sentivo che con la danza ginocchia e caviglie soffrivano, e questo mi ha salvato la vita. Un primo pensiero dunque è per il rispetto e la cura del proprio corpo anche “prima” che succeda il patatrac, e la conoscenza di sé richiesta a un ballerino è di ulteriore aiuto.
La mia prima reazione alla brutta scoperta fu la rabbia: “Eh no!” esclamai, intercalando qualche parolaccia, “non mi fermerete adesso che sto realizzando i miei sogni”. Difatti da poco mi stavo dedicando con piccole grandi soddisfazioni anche alla danza irlandese, come desideravo da tempo. Ho dei ricordi ormai tutto sommato esilaranti del periodo subito prima e subito dopo la mastectomia: come i port-de-bras di danza classica accennati davanti al chirurgo senologo spiegando che del lato estetico non m’importava un fico secco ma dopo l’intervento dovevo poter fare di nuovo quei movimenti… Alla fine della degenza credo che tutto lo IEO sapesse che io danzavo, tanto avevo stressato. In realtà la danza mi ha aiutato ad affrontare quel periodo di angoscia con una certa positività, con una progettualità: quella di tornare a danzare il prima possibile, come e meglio di prima.
Lo stop forzato di un mese si prolungò a due, per via di certe piccole complicanze: io scalpitavo, alla lettera, per tornare a danzare, facendo gli esercizi di sbarra attaccata alla spalliera del divano con il busto tutto fasciato. A due mesi esatti dall’intervento riprendevo danza classica, senza salti e senza punte; due settimane ancora e riprendevo sia i salti e le scarpette da punta, sia la danza irlandese. Intanto i movimenti ‘dolci’ della danza (soprattutto classica e orientale) mi aiutavano come riscaldamento preliminare ad affrontare gli esercizi (inizialmente dolorosissimi) prescritti dai fisioterapisti per riacquistare l’uso delle braccia: empiricamente, per tentativi, mi sono creata una routine di rilassamento con qualcosa di buono da bere o da mangiare, una musica rilassante o un balletto in TV, la presenza dei miei gatti ecc.
A 4 mesi dall’intervento ero alle gare di danza irlandese, oltretutto con risultati sorprendenti a cui non pensavo neanche: mi bastava la gioia di essere lì, con le mie compagne. Il mese successivo sostenni addirittura gli esami di primo e secondo livello.
Nel frattempo si era evidenziata la necessità di un secondo intervento, per un fibroma benigno ma voluminoso, dolorosissimo (facevo le gare di danza con la pancera contenitiva), e soprattutto suscettibile di trasformarsi da un momento all’altro in qualcosa di molto, molto brutto: scoprii allora che noi fortunate signore con carcinoma mammario abbiamo possibilità doppie rispetto alle altre donne di sviluppare anche tumori maligni all’apparato riproduttivo. Ma il pensiero di asportare tutti gli organi femminili mi era insopportabile ed entrai in una profonda crisi: dicevo che non mi sarei più sentita una donna, che “non avrei più trovato la danza dentro di me”, non avrei più provato desiderio di tutte le belle cose artistiche e culturali che mi appassionano ma avrei sentito soltanto vergogna. Ci tengo a raccontarlo, per le sorelle che si trovassero nella stessa situazione.
Ebbi per una volta l’umiltà di farmi aiutare psicologicamente e mi fecero capire che la bellezza, fecondità, creatività, sacralità della donna rimangono in lei, al di là della presenza o meno di organi-simbolo, perché al di là della materia noi siamo luce.
E così appena uscita dall’ospedale indossai un abito bianco, per sentirmi in questa luce, e me ne andai da sola in treno a Milano al convegno storico di ADA Danze Antiche su danza e potere al tempo degli Sforza: segnò il mio ritorno alla vita. A un mese e mezzo dall’intervento danzai durante un evento dell’Ottobre in Rosa e qualche giorno dopo ripresi le lezioni di danza.
Ed è stata ancora la danza ad aiutarmi nel periodo del lockdown, soprattutto nei giorni più duri quando ho perso vari amici per la malattia o per la disperazione.
In questi tre anni mi son fatta una piccola cultura sui benefici della danza a livello fisico e psichico, sia per chi è sano, sia per chi è già incorso in problemi anche gravi. Per noi “signore del nastro rosa” l’attività fisica moderatamente intensa come la danza è dimostrato che aiuti a prevenire le recidive: contribuisce al controllo del peso e alla regolazione della produzione di insulina, aiuta il sistema cardiocircolatorio spesso danneggiato dai farmaci, nelle giuste dosi combatte la fatigue e cioè la spossatezza indotta dalla chemioterapia (che danneggia i muscoli); il senso di gioia e appagamento oltre al movimento in sé stimolano le difese immunitarie e alzano il tono dell’umore. Per chi come me è sottoposto a cura ormonale, la danza aiuta a combattere i vari effetti collaterali indotti dalla famosa “pastiglia dei cinque anni”: dolori articolari, ritenzione idrica e aumento di peso (e il grasso è pericoloso perché può essere trasformato in ormoni, che andrebbero ad attivare eventuali cellule cancerose ancora presenti), difficoltà di concentrazione e di memorizzazione…
Sì, perché la danza è un valido sussidio anche in altre patologie (gli esercizi di danza per le braccia di cui parlavo sono applicabili anche in caso di interventi ortopedici o fratture, ad esempio), e in particolare nelle malattie neurologiche: uno studio di un centro universitario tedesco ha dimostrato la superiorità della danza su altri tipi di allenamento “ripetitivo” e non creativo, per frenare le malattie neurodegenerative, migliorando la concentrazione, la memoria, l’equilibrio. L’ideale sarebbe, diceva lo studio, cambiare stile e coreografia ogni due settimane, per meglio stimolare l’attività cerebrale.
E poi si moltiplicano le ricerche e i contributi sull’aiuto psicologico costituito da danza, musica e tutto quanto è bellezza, stimolando la produzione degli ormoni del benessere, e semplicemente suscitando gioia e interesse per le meraviglie della vita. Io posso testimoniare quanto abbia significato per me, per ritrovare la mia femminilità, per sentirmi di nuovo parte del flusso della vita, della bellezza del mondo.